sabato 25 luglio 2009

Phoenix, stuprata bimba liberiana E i suoi genitori la ripudiano

Vicenda-shock negli Usa: la piccola, 8 anni, violentata da un gruppo di ragazzini
La famiglia decide di darla in affidamento. Protesta anche la presidente liberiana
Phoenix, stuprata bimba liberiana
E i suoi genitori la ripudiano


NEW YORK - Stuprata a otto anni dai compagni di giochi, e adesso la sua famiglia non vuole più avere niente a che fare con lei. E' accaduto a Phoenix, in Arizona: protagonista - e vittima - una bambina liberiana ripudiata dai genitori e data in affidamento, dopo che quattro ragazzini di poco più grandi di lei le hanno usato violenza, adescandola con l'offerta di una gomma da masticare.

L'incredibile vicenda - lo stupro, la reazione dei familiari - ha scatenato un moto di indignazione internazionale: ha protestato anche la presidente della Liberia, una donna, stigmatizzando il comportamento della famiglia e di una cultura ancora diffusa nel suo paese. Lo stesso da cui provengono anche i quattro giovanissimi stupratori. "La famiglia ha sbagliato: avrebbero dovuto aprire le braccia a una bambina traumatizzata e collaborare con le autorità americane per capire cosa fare con i quattro responsabili", ha detto la presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf in una intervista alla Cnn.

I quattro autori della violenza hanno età comprese tra i nove e i 14 anni. Steven Tuopeh, il maggiore, vive negli Stati Uniti dal 2005 ed è stato rinviato a giudizio come adulto per stupro e rapimento, mentre gli altri dovranno presentarsi davanti al tribunale dei minori per aggressione a sfondo sessuale. I quattro, dopo aver adescato la bambina in un capanno, l'hanno violentata a turno per 10-15 minuti. Qualcuno ha dato l'allarme: quando la polizia è arrivata, ha trovato la ragazzina seminuda che urlava istericamente e il branco degli stupratori in fuga.

Ma al di là dell'orrore, la vera sorpresa per gli agenti è stata la reazione del padre: "Ci ha detto: prendetela, non la voglio più in casa", ha raccontato il sergente Andy Hill. In Liberia lo stupro viene spesso vissuto come una macchia dalla famiglia della vittima: la Sirleaf ha cercato di cambiare questa cultura rivelando di esser stata lei stessa vittima di tentate violenze sessuali durante la guerra civile che fino al 2003 ha insanguinato il paese. Secondo esperti della condizione della donna nelle nazioni paesi in via di sviluppo, la reazione dei genitori della piccola vittima anche troppo comune: "Le donne, le ragazze, sono quelle a cui viene data la colpa", ha detto Monica Westin, fondatrice di World Hope International.

Nei giorni scorsi, l'amministrazione Obama ha fatto un passo importante sul piano del diritto, avallando la richiesta di asilo politico di una donna messicana vittima di violenza domestica. L'asilo può essere concesso alle donne vittime di gravi violenze fisiche o sessuali che non possono sfuggirvi a causa della cultura del loro paese, ha indicato il ministero della Sicurezza interna a un tribunale dell'immigrazione che ha esaminato il caso.

(25 luglio 2009) La Repubblica

sabato 18 luglio 2009

il calcio oggi

"Stando a quanto riportato dai principali quotidiani locali sabato 11 luglio, sembra che la città di Catanzaro abbia corso nei giorni passati un grossissimo rischio, un rischio che per fortuna è stato scongiurato e di cui non eravamo proprio al corrente. Sembra, infatti, che si sia evitata, con un intervento definito dagli stessi giornalisti “encomiabile” da parte del sindaco della città e di altre istituzioni, la scomparsa di un bene preziosissimo per l'intera città, più prezioso di qualsiasi risorsa naturale, ambientale, culturale, intellettuale, umana si possa immaginare, un bene assolutamente irrinunciabile, un bene cardine per l'economia di questa città e per il suo sviluppo futuro: la squadra di calcio.
La chiusura di una fabbrica, la constatazione di un disastro ambientale, l'avvento di un terremoto, di uno tzunami o di un uragano, il flagello di una pestilenza, l'influenza aviaria o suina, nessuna di queste catastrofi si sarebbe potuta paragonare a quella di fronte alla quale ci saremmo ritrovati se questi “salvatori” non fossero intervenuti per scongiurare il disastro.
Stando sempre a quanto riportato dai giornali decisivi sarebbero stati, tra gli altri, i contributi della Camera di Commercio di Catanzaro e del Comalca (130.000 euro), del Comune di Catanzaro (125.000 euro) e della Provincia di Catanzaro (30.000 euro) a favore del club giallorosso. Ma “i contributi alla salvezza” non sarebbero finiti qui: è lo stesso sindaco Olivo ad affermare orgogliosamente in un'intervista pubblicata su Il Quotidiano: “abbiamo speso, insieme alla Regione, una somma pari a 2,2 miliardi di euro per riammodernare il Ceravolo che adesso si presenta come uno degli impianti più suggestivi d'Italia.”
Da quando, come afferma Eduardo Galeano nel suo “Splendori e miserie del gioco del calcio”, quello che fino a qualche decennio fa poteva essere considerato uno sport si è trasformato “in spettacolo con molti protagonisti e pochi spettatori, calcio da guardare, e lo spettacolo si è trasformato in uno degli affari più lucrosi del mondo, che non si organizza per giocare ma per impedire che si giochi”, tutte le operazioni volte alla salvezza delle società che contribuiscono a tenere in vita il suddetto spettacolo sono quantomeno criticabili se non proprio condannabili.
A maggior ragione quando in queste operazioni “salvezza” (della società e dei suoi soci e non del calcio cittadino come si vuol far credere illudendo i tifosi), vengono impiegati soldi della collettività, sia di quella che va allo stadio (minoranza) sia di quella che non ci va (maggioranza). I contributi elargiti da Comune e Provincia, infatti, pretendono chiarezza al cospetto dei cittadini che pagano le tasse e che, in un periodo di crisi economica eccezionale, paragonabile solo a quella avvenuta nel 1929, sono costretti ad assistere all'ennesimo sperpero di denaro pubblico.
Mentre le piccole e medie imprese rischiano di chiudere, mentre migliaia di lavoratori perdono il proprio posto di lavoro, mentre l'intera regione si trova in emergenza ambientale (e Catanzaro sta per trasformarsi nella prossima Napoli) tra mare inquinato ed incapacità di smaltire l'enorme quantità di rifiuti che ogni giorno produciamo, solo per citare alcuni dei temi più gravi e attuali, il “primo encomiabile cittadino” pare si sia adoperato alacremente per inviare fax agli imprenditori della città per riuscire a scongiurare l'imminente catastrofe calcistica.
Ma non è tutto, in una nota stampa della lista civica “Catanzaro nel Cuore” pubblicata sul quotidiano “Il Domani” del 15 luglio, si arriva addirittura a lodare apertamente: “la grande sensibilità mostrata dall'amministrazione comunale (come non rilevare che ad oggi, oltre ad aver investito la maggior somma spesa per lo stadio Ceravolo negli ultimi 40 anni, la stessa ha elargito per la causa giallorossa, complessivamente, una somma vicina ai 500.000 euro) e da altri enti.... pertanto a tutti questi soggetti va il nostro ringraziamento per la perentorietà e la dinamicità con cui si è affrontata la situazione e per l'alto spirito civico che ha permesso di remare nella stessa direzione al fine di raggiungere l'obiettivo della sopravvivenza del fattore sportivo nella nostra città.” Dimenticando però che la stessa perentorietà e dinamicità non vengono profuse, né dal pubblico né dal privato, in questa città, per salvare le tante altre società sportive, delle più svariate discipline, che conseguono risultati di prestigio nazionale ed internazionale, nell'indifferenza collettiva. Ma queste, evidentemente, non rientrano nell'”obiettivo della sopravvivenza del fattore sportivo” prima indicato.
La verità è che Catanzaro è una città fondata sui legami forti e i legami forti tendono sempre a formare un cerchio ed a stabilire un confine tra chi vi sta dentro e chi vi sta fuori. Una città urbanisticamente e socialmente frammentata in tante piccole enclave estranee tra di loro con lo sguardo rivolto al passato, che vive di ricordi e di passato, (quando l'imperatore Carlo V la definì Magnifica et Fidelissima, quando produceva la seta, quando la squadra di calcio era in serie A, etc.) incapace, invece, di programmare il proprio futuro. In un mondo che cambia molto rapidamente e in cui occorre posizionarsi sul mercato dell'attrattività, per poter essere preferiti, Catanzaro resta in sospeso, sta a guardare, si rifiuta di fare le sue scelte. Si permette di giocare alla stregua di un figlio viziato che sa che papà può permettersi di pagargli tutti i vizi. Ma per quanto ancora? Per quanto ancora dovremo tenere in piedi aziende fallimentari (non solo nel campo sportivo), incapaci di far fruttare e restituire i “contributi alla salvezza”? Fino a quando potranno attingere al pozzo senza fondo dei contributi pubblici? Catanzaro è e rimane il simbolo di quel meridionalismo infantile ed immaturo origine e causa di tutti i nostri mali. Né industriale, né turistica, né artistica, né agricola ma impiegatizia, una città che vive di terziario, di statalismo, di assistenzialismo, in un mondo in cui tutti si affrettano a recitarne il de profundis, ha tutte le carte in regola per decretare il proprio, e ormai prossimo, fallimento".

Da"tuttocatanzaro"

martedì 14 luglio 2009

L'assessore: "Gli stranieri non devono entrare in paese"


Cristiano Borghi (Lega Nord), ammonisce i suoi cittadini "Ma come, vi aiutiamo a sistemare i cortili e voi li affittate agli extracomunitari?". E la polemica si scatena

L'orizzonte è un mare di villette e condomini, l'identità un pugno di cortili storici da difendere ad ogni costo.
Da difendere soprattutto dai nuovi abitanti dei centri storici: gli immigrati che accettano di vivere in poche vecchie stanze. E magari anche di comprarle, per metterci mano. «Vi aiutiamo a risistemare i cortili, ma voi non affittate agli extracomunitari» ammonisce dunque l'assessore. Siamo a Gerenzano, dove il varesotto muore nella conurbazione milanese, capannoni, villette e condomini, paesi saldati gli uni agli altri. Cristiano Borghi, assessore alla sicurezza del Comune, non ha dubbi: «chi ama Gerenzano non vende e non affitta agli extracomunitari». Regolari o irregolari non fa differenza, gli stranieri non devono entrare a Gerenzano.

Il pensiero della giunta è stato messo nero su bianco nell'ultimo numero dell'informatore comunale, "Filo diretto con i cittadini".
«Noi abbiamo chiuso le porte... ma molti gerenzanesi le hanno aperte!» è il titolo dell'articolo, già segnalato da più persone all'Ufficio contro le discriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità. L'assessore Borghi rivendica l'operato della giunta, che ha fatto di tutto per «non favorire» gli extracomunitari: hanno vietato la sosta oltre le 48 ore agli «zingari» (anche a quelli cittadini italiani, parrebbe), hanno messo in campo controlli straordinari sugli alloggi, non hanno mai «favorito gli extracomunitari sotto il profilo dei contributi o dei sussidi economici». Non hanno mai concesso terreni per le moschee, «a differenza di altri Comuni del circondario» dove svettano i minareti. E hanno anche attivato uno sportello per denunciare sospetti irregolari, con garanzia di anonimato per chi segnala. Perchè l'importante, si sa, è che le armi migliori sono le coscienze dei cittadini.

Coinvolgere i cittadini gerenzanesi non deve essere facile, però. I gerenzanesi votano convintamente per la Lega (40% alle ultime elezioni), ma poi razzolano male, affittando agli stranieri le corti del centro. «Abbiamo contribuito - si legge nell'articolo di Borghi - a rivalutare anche dal punto di vista culturale i nostri cortili, attribuendo ad ognuno di essi il vecchio nome utilizzato dai nostri anziani. Per rivalutarli dal punto di vista estetico però devono intervenire i proprietari che, in alcuni casi, piuttosto che mettere mano al portafogli e dare una rinfrescata alle proprie abitazioni, hanno pensato bene di venderle o di affittarle agli extracomunitari». Necessario coinvolgere i cittadini nel controllo della società: ecco perchè il Comune ha attivato uno sportello per denunciare gli irregolari e anche un numero di cellulare a cui segnalare stranieri "sospetti". Regolari o irregolari, sono comunque una minaccia all'identità locale.

Da " Il quotidiano di Varese" 14 luglio 2009