All’inizio del 1945 il destino militare della Germania di Hitler era ormai
segnato: gli anglo-americani la stringevano sul Reno e dal Nord Italia, le truppe di
Stalin sull’Oder. A Dresda non vivevano solo i suoi 630mila abitanti di "razza
teutonica" e, in buoni rapporti reciproci, alcune decine di migliaia di prigionieri
inglesi. Nelle sue strade, nelle sue stazioni, nei suoi ricoveri la splendida città
ospitava, stracolma, centinaia di migliaia di sfollati provenienti dalle regioni della
Germania dell’Est.
Il 13 e il 14 febbraio gli aerei da guerra alleati ne fecero una città morta.
I vertici militari e governativi inglesi e statunitensi dissero che gli obiettivi
dell’azione militare erano stati lo scalo ferroviario di Dresda e le sue industrie
militari. Queste e quello però furono appena scalfiti dalle bombe. "Si
è stupiti -scrisse il 22 febbraio 1953 in un suo editoriale il giornale di
Monaco Suddeutsche Zeitung- per la straordinaria precisione con cui furono
distrutte le zone residenziali della città, ma non le installazioni importanti (dal punto
di vista militare e industriale, n.). La stazione centrale di Dresda (dove
s’erano affollati i profughi e che non rappresentava lo snodo principale -collocato
in periferia- per il trasporto merci e truppe, n.) era piena di pile di cadaveri, ma le
linee ferroviarie erano solo lievemente danneggiate e dopo un breve periodo furono di
nuovo in funzione."
Le bombe furono lanciate di proposito da ben altra parte, nel corso di tre incursioni
scientificamente temporizzate. La prima, durata dalle 22.13 alle 22.30 del 13, servì per
innescare nei quartieri proletari e nel centro della città una tempesta di fuoco. Il
terribile fenomeno era già stato scatenato dalla Raf nell’estate del 1943 ad Amburgo
e in seguito in altri centri minori della Germania. Si era sempre trattato, però, di
un’imprevista conseguenza del bombardamento. Nell’incursione su Dresda, invece,
essa fu pianificata a tavolino. Furono lanciati a tal fine due tipi di bombe: da un
lato le block buster che, con i loro spostamenti d’aria, servirono a tirar
giù i muri e i tetti dei fabbricati; dall’altro lato gli spezzoni incendiari, che
appiccarono il fuoco ai mobili, alle stoffe e alle travi in legno degli interni. Il
diluvio fu concentrato ossessivamente negli stessi punti, in un’area molto ristretta,
in modo da surriscaldare l’atmosfera, produrre violente correnti ascensionali e
risucchiare l’aria dalle zone vicine con un vento infernale a bassa quota.
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